Dopo una settimana abbiamo incontrato di nuovo Peter Moltoni di Potere allo Sciame per riportargli alcune domande che ci avete posto dopo gli episodi precedenti sulle api, l’apicoltura e in particolare sull’attività di Potere allo Sciame.
Ecco il podcast della nostra intervista disponibile su Spreaker, Spotify, i Tunes e Google Podcast.
Condividi questo Podcast con un amico che ama la Natura, anche noi abbiamo scoperto davvero molti aspetti interessanti dell’apicoltura.
Eccoci al secondo intervento dedicato all’apicoltura. Con me c’è Peter Moltoni, apicoltore e parte attiva del progetto di Potere allo Sciame. La volta scorsa abbiamo affrontato il tema dell’apicultura in maniera generica: in questo caso invece rispondiamo alle domande della community in un botta e risposta.
Quale differenza esiste tra polline e miele in termini di nutrienti e di utilizzo alimentare delle api? In quale rapporto stanno, da uno come si arriva l’altro?
Il polline e il miele per l’alveare sono due elementi ben differenti: il polline è una proteina e il miele è un carboidrato, perciò le api utilizzano il miele come alimento energetico (così come noi usiamo la pasta) e il polline come proteine (noi utilizziamo proteine sia animali che vegetali, mentre le api usano sono solo proteine vegetali). Polline e miele vengono forniti dai fiori. La differenza sta nel fatto che le api si nutrono del miele normalmente ma utilizzano il polline solo per nutrire la prole. Le api perciò hanno bisogno del polline per nutrire le figlie e del miele per generare la pappa reale, alimento fondamentale. Per quanto riguarda la nutrizione umana, questi due elementi sono diversi. In particolare il polline ha un’azione anti-affaticamento, ed è per questo che gli apicoltori lo raccolgono per venderlo sia essiccato che fresco. In alcuni paesi dell’est invece il polline viene fornito sotto forma di pane d’api, proprio perché lì c’è una maggiore cultura di utilizzo di questo prodotto: in questo caso ovviamente il prodotto è migliore dato che è raccolto direttamente dai favi, fermentato dalle api, con un miglioramento dei nutrienti per l’alimentazione umana.
Passiamo ad una domanda un po’articolata che riprende un argomento del podcast precedente, ovvero la battaglia contro i neonicotinoidi. Si era detto che c’è stata una battaglia per cui dal 2017 la produzione è stata vietata a livello europeo, però si continua a utilizzare prodotti simili che sono altrettanto nocivi. Se dopo una così importante campagna il mercato sembra non essersi particolarmente sensibilizzato, è necessario avere delle direttive per riuscire a cambiare l’approccio culturale? Sono in corso o in programma altri interventi a livello legislativo per regolare questa situazione? Dopo questa battaglia fatta dagli apicoltori europei nei confronti dei neonicotinoidi si è arrivati alla sospensione dei “tre fratelli maggiori” dei neonicotinoidi, mentre vengono ancora utilizzati “dei cugini”. C’è in corso la modifica, a livello europeo, della procedura autorizzativa. Vuol dire che mentre alcuni anni fa questi prodotti venivano proposti e autorizzati a livello europeo per i paesi membri da una commissione, oggi è in corso una battaglia più tecnica all’interno della commissione: non solo i neonicotinoidi ma anche altri prodotti ora devono subire un iter autorizzativo più stretto e restrittivo. Non tanto la restrizione dell’utilizzo ma la restrizione nell’iter autorizzativo. Sarà più difficile mettere sul mercato prodotti simili, perché dovranno subire ulteriori verifiche e autorizzazioni per l’utilizzo in agricoltura. Potranno essere però utilizzati in deroga, quindi provvisoriamente, solo in alcuni campi e in mancanza di altre alternative.
Ci sono dei paesi esteri che sono esempi virtuosi per quanto riguarda la produzione sostenibile, a livello legislativo o tecnico?
Ci sono alcuni paesi come Germania, Francia o Danimarca che hanno scelto delle procedure agricole più sostenibili (biologica o biodinamica) quindi il non utilizzo di determinate sostanze chimiche. Le ripercussioni di questa scelta non sono ancora chiare, perché non si capisce bene quali siano i benefici se alcuni paesi membri lo fanno altri paesi non lo fanno. Questo dipenderà tutto dalla situazione dei paesi membri e da quanto saranno capaci di spingere gli europarlamentari delle commissioni a prendere posizione. Se ci siano dei paesi più o meno virtuosi questo non lo saprei dire; posso dire che alcuni paesi sono più orientati verso il biologico nella loro produzione agricola e che l’Italia in questo è sicuramente uno dei paesi in cui la scelta del biologico è radicata e fondamentale.
Quali sono le informazioni a cui stare attenti per una scelta biologica e sostenibile nel momento in cui si acquista il miele al supermercato o nei mercati? A cosa bisogna stare attenti?
Tutti i prodotti delle api certificati come biologici (tramite dei marchi specifici come la bandierina o la foglia) danno la sicurezza al consumatore che il prodotto è stato effettivamente ottenuto seguendo delle regole comunitarie di qualità. Queste regole comunitarie sono ancora per alcuni versi in fase di aggiornamento, cambiamento e revisione. Il biologico comunque certifica un iter produttivo sostenibile e rispecchia una scelta etica del consumatore. Per quanto riguarda la tipologia di miele, il Millefiori è un miele da valorizzare, così come tutti i mieli che derivano da produzioni antropiche. Il miele di castagno, d’acacia o il miele di rododentro provengono da fioriture naturali e non coltivazioni, e questo dovrebbe essere promosso come esempio di virtuosità rispetto a mieli di coltivazioni indotte come il miele di girasole, di colza o di sulla. In linea generale quindi sarebbe meglio acquistare dei mieli che derivano da piante di bosco o selvatiche.
Cosa sappiamo della Vespa Velutina? La biodiversità può aiutare a fronteggiare questa minaccia?
La Vespa velutina è un predatore arrivato con la globalizzazione: è originaria della Cina e dei paesi del sud-est asiatico. Lì conoscono la vespa da millenni e perciò si sanno difendere. È arrivata in Francia circa 17-18 anni fa tramite commercio di vasi di bonsai dalla Cina e subito si è visto che effettivamente questa Vespa è una delle specie più orientata alla predazione delle api e quindi a creare un danno all’apicoltura. Io sono stato anche in Butan e in Nepal e ho visto che gli apicoltori locali hanno escogitato negli anni delle lotte empiriche per difendersi che funzionano. Ho spiegato loro che bisognava fare delle trappole e creare una selezione, ma è po’ difficile in questo settore capire quale sia la strategia migliore. La biodiversità? Non penso possa essere un fattore di contrasto. Sicuramente questa Vespa è un insetto “alieno”, arriva da un altro continente e perciò dovremmo trattarlo di conseguenza. Qui in Europa ha trovato spazio favorevole: le api non lo conoscono e non sono particolarmente aggressive, per cui dovremo aspettare degli anni perché si sviluppino naturalmente delle api in grado di difendersi. Nel frattempo sta tutto nella strategia dell’apicoltore.
Spostiamo un attimo il focus verso la Top Bar. Ci piacerebbe capire meglio il processo di distribuzione al dettaglio dei favo Top Bar: come viene distribuita al consumatore finale?
Sono stato un po’ pioniere all’interno di Potere allo Sciame. Durante lo sviluppo del progetto, infatti, c’era da capire come poi sarebbe stato promosso il miele direttamente in favo. Noi apicoltori facciamo già delle porzioni di favo copiando un pò da islandesi e altri paesi perché per noi la conoscenza del consumo del miele in favo è limitata e piano piano ci stiamo avvicinando a questa pratica. La mia idea di vendere miele in favo è venuta durante un viaggio in Turchia due anni fa: in questi paesi si vende tantissimo miele in favi, in diverse forme. Ispirato da questa esperienza, l’idea è di proporre il favo in un in una scatola di cartone, con una finestra che mostri il prodotto. Verrebbe venduto intero con la struttura trapezoidale della Top Bar, rotondo o a sezioni e distribuito direttamente dal produttore. Tutto si gioca sulla capacità dell’apicoltore di mettere sul banco una proposta differente, cercando di far capire che questo miele è stato ottenuto con un processo particolare con determinate regole. Questo miele dovrebbe essere considerato il massimo! Anche oltre al biologico.
Considerando quindi la sua distribuzione e la nostra attuale cultura del miele, secondo te la Top Bar è destinata a rimanere di nicchia oppure ha il potenze per competere la grande distribuzione?
Entrare nella grande distribuzione significa riuscire a penetrare un determinato mercato e proporre con efficacia un prodotto che il consumatore ancora non conosce. Questo è uno dei grandi temi nella promozione della Top Bar. Secondo me non è possibile che il prodotto si leghi alla grande distribuzione, prima di tutto per la poca disponibilità di favi e la scarsa produzione e in secondo luogo perché non è conosciuto. Prima di proporlo alla massa credo che si debba puntare sulla promozione e sulla proposta per renderlo conosciuto e attrattivo… poi in futuro sia i negozi che la grande distribuzione potranno interessarsi ad un prodotto che il consumatore cerca.
Sicuramente per il momento la produzione di miele con arnia top bar rimarrà di nicchia e solo se alcuni produttori saranno in grado di essere competitivi con questo tipo di proposta potrebbe avere un futuro. Un futuro che sicuramente non andrà soppiantare l’apicoltura tradizionale che c’è da 100 anni, però potrebbe essere un prodotto di pregio, richiesto nel mercato. Se pensiamo appunto al miele in favo che si vende nei negozi della Turchia in cui ogni negozio ha 2-3 metri quadri di vetrina dedicata, noi qui in Italia siamo indietro anni luce… non solo rispetto al miele top bar, ma col miele in generale!
Si è parlato anche nell’altro podcast dell’apicoltura urbana, un tema che ha affascinato molte persone. L’apicoltura urbana può essere accolta anche da una collettività di singoli cittadini privati (sul tetto di un palazzo, in un giardino) oppure è richiesto necessariamente il coinvolgimento della municipalità o comunque di un gruppo organizzativo solido? Esistono campagne d’informazione o di formazione rivolta ai privati? Avrebbe senso nel caso costruire degli apiari in pianta stabile nei centri urbani a scopo divulgativo e dimostrativo per sensibilizzare i cittadini verso l’apicoltura?
Certamente! Tutti i progetti che ci sono tutt’ora sono gestiti a livello di gruppo informale. Il gruppo degli apicoltori urbani londinesi ha la sua piccola associazione e tramite il suo operato rende possibile questo approccio all’apicoltura in città, affiancando delle divulgazioni didattiche. Anche a Milano, mi sembra, il gruppo aveva trovato dove posizionare gli apiari e il comune aveva dato in fruizione delle strutture per poter ospitare questi gruppi di persone. Sempre di più le comunità dei cittadini, anche piccoli gruppi di una decina di persone, portano avanti progetti in merito a questo tipo di agricoltura: oltre ad avere un carattere educativo, è anche sostenibile dal punto di vista ambientale. Le api possono beneficiare di aiuole e parchi, creando un circolo virtuoso. Le iniziative di questi gruppi credo che siano individuali e autonome, e spesso trovano l’appoggio dell’amministrazione comunale. Al momento solo alcuni paesi hanno fatto divieto: alcuni sindaci hanno impugnato la legge legata alla sicurezza e hanno impedito lo svolgersi di questi tipi di iniziative. Nessuno però potrebbe proibire di allevare le api nel giardino di casa o sul tetto del palazzo. Certo, bisogna rispettare le leggi Nazionali per l’apicoltura (che prevede ad esempio che un alveare debba essere distante da una strada 10 metri, ma se c’è una siepe alta 2 metri potrebbe tranquillamente esercitare) ma non ci sono motivi per bloccare l’allevamento e i progetti didattici legati ad esso. L’apicoltura urbana spesso si lega agli Orti Urbani, dove piccole associazioni decidono di aggiungere le api al progetto e definiscono quale tipo di allevamento fare o cosa fare del miele. È un mondo che brulica di idee. Io avevo partecipato a un convegno di agricoltura Urbana a Milano a Cascina Cuccagna… ed era tutto possibile!
Domanda finale: come si può sostenere Potere allo Sciame?
Potere allo Sciame è un gruppo di amici che hanno creduto in questa idea. Per il momento stiamo divulgando l’utilizzo dell’arnia Top Bar: GianMario è l’artefice del progetto, io alle volte fornisco le api, qualcuno fornisce le arnie e informazioni in merito. Sempre più persone si stanno interessando alla cosa, specialmente chi vuol fare una piccola attività in proprio. Noi forniamo il supporto per iniziare e ci mettiamo nella posizione di aiutare anche tecnicamente chi si avvicina a questo progetto. Per quanto riguarda invece la arnia top bar, Potere allo Sciame si è attivato sia per la fornitura di arnie che per il supporto tecnico “costruttivo”: ci sono dei filmati su come costruire queste arnie, anche in maniera personale. Se una persona ha qualche piccola destrezza nel fai-da-te riesce tranquillamente a produrla con materiali di scarto, e perso che questo sia una delle cose belle di questo progetto.
Un grazie ancora Peter per la disponibilità e per aver risposto alle domande della nostra Community!
Comentários