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Economia circolare nel borgo

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Alla scoperta del Nudging Etico – Intervista a Massimo Cesareo



Abbiamo approfondito il tema del Nudging con il dottor Massimo Cesareo, coordinatore di Nudge Italia e co-fondatore di aBetterPlace. La Behavioural Economics può offrire una valida soluzione per darci una “spinta gentile” verso decisioni più sagge e sostenibili.Ascolta "Nudging etico - Intervista a Massimo Cesareo" su Spreaker.



Questa settimana trattiamo di un tema davvero affascinante. Abbiamo parlato nelle settimane precedenti di coworking, apicoltura e turismo responsabile: ora usciamo dal tracciato classico delle tematiche sostenibili per parlare di Psicologia comportamentale e più nello specifico di Nudging. Per affrontarlo è qui con me il Dottor Massimo Cesareo, psicologo, ricercatore per IESCUM (Istituto europeo per lo studio del comportamento umano) nonché coordinatore del progetto Nudge Italia e co-fondatore di aBetterPlace. Il blog di questa settimana si è parlato di come le persone prendono decisioni, un tema ricorrente sia in psicologia che economia. Puoi darci qualche informazione in questo senso? Come hai detto questo è un tema molto sviluppato sia in psicologia in economia. Per trattarlo secondo me può essere utile partire da un dato: si stima che ogni giorno ogni persona prende circa 35.000 decisioni. Un numero incredibile di scelte, che ci tocca prendere ogni giorno da quando ci svegliamo a quando andiamo a letto, e queste decisioni in alcuni casi sono più consapevoli in altri sono meno. Ecco, la psicologia e l’economia si sono occupate tradizionalmente di studiare proprio i processi decisionali e in che modo prendiamo decisioni. Quando parliamo di processi decisionali dobbiamo far conto con diversi fattori… uno di questi per esempio è la scarsità di risorse, ovvero abbiamo dei soldi illimitati dei beni limitati (e di questo se ne occupa normalmente di più l’economia) ma abbiamo anche risorse limitate in termini per esempio di risorse attentive: la nostra attenzione non è illimitata così come la nostra memoria. In questo caso si possono fare diversi esempi, per esempio sfatando il mito del multitasking! Si pensa e si parla spesso di persone che lavorano in multitasking ma il multitasking di fatto non esiste: noi spostiamo la nostra attenzione tra un compito e l’altro in maniera nemmeno consapevole ma l’attenzione rimane sequenziale e questo è il motivo per cui non dovremmo utilizzare lo smartphone al volante, perchè cambiando focus costantemente ci perdiamo delle cose importanti che possono portare anche delle conseguenze spiacevoli. Ecco quindi che la psicologia e l’economia, a cavallo tra la fine degli anni 70 e inizio anni 80, hanno trovato dei forti punti di incontro all’interno di quella che è nota come Economia Comportamentale o Behavioural Economics. Questa disciplina è descrittiva e descrive cioè i comportamenti delle persone, quello che noi facciamo normalmente nella nostra quotidianità. Considera che prima della nascita di questa branca molto spesso i comportamenti delle persone soprattutto in economia erano studiati con teorie di tipo normativo, dove i modelli descrivevano in che modo le persone avrebbero dovuto scegliere. Una teoria normativa descrive quindi come le persone dovrebbero scegliere, mentre una descrittiva descrive in realtà come noi effettivamente scegliamo. Alla fine degli anni 70 lo psicologo Daniel kahneman, vincitore nel 2002 del Premio Nobel per l’economia (uno psicologo che ha questo riconoscimento in economia, pensate!) ha studiato proprio come le persone prendono decisioni. Inserisce nel suo lavoro una metafora interessante che è quella tra “sistema 1” e “sistema 2”. In pratica Daniel Kahneman distingue metaforicamente due cervelli, come se nel nostro cervello coesistessero questi due sistemi. È chiaramente una metafora ma ci aiuta a capire una cosa: il “sistema 1” è un sistema automatico e spontaneo che ci permette di dare delle risposte molto veloci; il “sistema 2” è un sistema più controllato e deliberato. Provo a farvi un esempio di questi due sistemi in azione proprio attraverso la guida. A volte capita a chi tra noi è abituato a guidare che se  troviamo una strada tranquilla senza particolare traffico neanche pensiamo a come muoviamo in piedi, e questa è un’attività mediata dal “sistema 1”; capita altre volte invece che ci troviamo una strada trafficata o magari dobbiamo parcheggiare in un posto molto stretto… cosa può succedere? che se stavamo ascoltando l’autoradio abbassiamo il volume o se c’è qualcuno gli chiediamo di smetterla di parlare per concentrarci. Questo mostra chiaramente che esistono due modalità di processamento delle informazioni, due modalità in cui noi riusciamo a prendere alcune decisioni. L’ economia comportamentale studia come prendiamo decisioni e quali fattori influenzano le nostre scelte, per far questo parte da un assunto di base che quello di razionalità limitata.

Possiamo approfondire meglio cosa si intende per razionalità limitata? In che modo è possibile affrontare questa nostra caratteristica? Il termine “razionalità limitata” in realtà nasce a fine anni 50 e viene poi ripreso maggiormente con l’emergere dell’ economia comportamentale. In sostanza ci spiega che a volte c’è un gap tra cosa dovremmo o vorremmo fare e ciò che effettivamente facciamo. Leggevo recentemente in relazione agli ultimi eventi che tutti conosciamo del Covid che per esempio il 92% circa delle persone ritiene fondamentale lavarsi le mani, ma in situazioni concrete solamente il 66% circa delle persone lo fa. Emerge quindi che molte più persone ritengono che sia utile un certo comportamento ma al momento in cui serve comportarsi in quel modo c’è una percentuale minore che fa. Perché accade? Per moltissime ragioni. A volte abbiamo fretta, a volte siamo guidati proprio dai nostri automatismi, ma siamo soprattutto influenzati da tanti fattori ambientali: cioè il nostro contesto, il luogo in cui viviamo e in cui ci muoviamo ci può portare fuoristrada. Faccio un altro esempio abbastanza goliardico, ma aiuta a capire ancora meglio. Negli aeroporti di Amsterdam si è visto un po’ di anni fa che, così come in altri luoghi pubblici, vicino agli orinatoi si forma molta sporcizia (di fatto nei bagni maschili molti maschi non prendono bene la mira). Si è ricorso in questo caso ha un piccolo espediente: si è applicato uno sticker che raffigurava una mosca all’interno degli orinatoi. Proprio questo piccolissimo espediente ha ridotto di tantissimo la sporcizia nei bagni, con grande sollievo delle persone che devono fare le pulizie e con una riduzione anche dell’impatto ambientale dovuto all’utilizzo di prodotti igienizzanti. Questo esempio mette in evidenza il fatto che non siamo perfettamente razionali: anche se sappiamo tutti quale sia l’utilizzo corretto di dei bagni, a volte ci troviamo in un contesto che ci porta a fare le cose che normalmente non faremmo a casa nostra. Noi arriviamo proprio lì e studiamo i fattori di irrazionalità delle persone e dove si verificano.

Ecco quindi una cosa importante da sottolineare. Avere dei comportamenti diversi o fare degli errori molto spesso non deriva dalla cattiveria del singolo, ma è semplicemente perché siamo persone limitate! Come mai però questi errori si manifestano e quali sono gli errori più comuni in cui incappiamo? Assolutamente! Non lo facciamo perché siamo cattivi, lo facciamo perché siamo umani e in quanto umani abbiamo dei limiti nella razionalità. Noi in economia comportamentale parliamo di euristiche o bias: quando parliamo di euristiche parliamo di scorciatoie decisionali che prendiamo quando ci troviamo di fronte a delle scelte complesse, e dato che noi dobbiamo compiere tantissime scelte complesse durante ogni giorno, un ragionamento di tipo euristico ci aiuta a semplificare in maniera anche poco consapevole le scelte che facciamo. Tra l’altro questa modalità di ragionamento ha una grossa componente evolutiva perché ci ha permesso di sopravvivere in un mondo in cui eravamo facili prede, dove se ci trovavamo di fronte a un leone dovevamo scegliere immediatamente se scappare o affrontarlo. Oggi non abbiamo più i leoni ma ci troviamo ancora con cervello con un modo di funzionare simile a quello di prima! Queste strategie evolutivamente utili si rivelano a volte problematiche in alcuni casi, portandoci a compiere degli errori decisionali che vengono definiti in economia comportamentale bias. Sul sull’articolo del blog si è parlato di uno di questi bias come per esempio “l’effetto gregge” o “conformity byas”. Che cos’è il conformity bias? Una cosa molto semplice: siamo molto influenzati da quello che le persone attorno a noi fanno. Anche questo ha una forte componente evolutiva, perchè nel vivere in società fare ciò che fanno le altre persone rende più probabile la nostra accettazione e aumenta la nostra probabilità di sopravvivenza. Il problema è che anche quando le persone non si comportano proprio in maniera saggia noi tendiamo ugualmente ad esserne influenzati: se tante persone attorno a noi scelgono di mettere in atto degli stili di vita poco salubri, se i nostri figli finisco di una compagnia in cui tante persone fumano, è più probabile che fumeranno anche loro. Di possibili altri errori ce ne sono poi moltissimi altri. Uno di questi è il “bias della disponibilità” e anche in questo caso faccio un esempio. Nel 2001 quando ci fu l’attacco alle Torri Gemelle accadde una cosa molto particolare: nei dodici mesi successivi, in conseguenza della copertura mediatica che che ci fu a causa di questo evento, molte persone incominciarono a sentirsi meno sicure a utilizzare l’aeroplano per spostarsi all’interno degli Stati Uniti, e quindi incominciarono ad utilizzare l’auto. Questa scelta produsse un numero di incidenti mortali molto più elevato rispetto a quelli avvenuti l’anno precedente! Una decisione collettiva e poco razionale, perchè statisticamente l’aeroplano rimane ed è rimasto anche dopo gli attacchi il modo più più che sicuro di spostarsi. Di fatto però una scelta legata a una paura irrazionale (comprensibile, ma comunque irrazionale) ha portato a un numero di morti quasi pari al numero di morti di un altro attentato terroristico. 

Dato che non si può modificare il nostro cervello, è possibile prevenire questi meccanismi? E in che modo è possibile? La cosa interessante parlando di scienze del comportamento è che non sappiamo solamente che siamo irrazionali, sappiamo in realtà che siamo anche prevedibilmente irrazionale. Significa che commettiamo certi errori tendenzialmente quando ci troviamo in determinate condizioni, e quindi è più probabile che in specifiche condizioni, ambienti o con determinati fattori noi commettiamo degli errori. Questa è una notizia positiva, perché quando qualcosa è prevedibile è anche possibile prevenirlo o contenerlo. ed è proprio questo che facciamo come studiosi: individuiamo i principali bias comportamentali e cerchiamo di studiare a fondo quando, come e perché si verificano per mettere in atto delle strategie che ci aiutano a ad andare oltre questi problemi. Qui introduco proprio ciò di cui mi occupo, un programma di policy che si chiama Nudging o Spinta Gentile (nudging è tradotto in italiano proprio come spinta gentile). Questo approccio è stato ideato negli Stati Uniti da Cass Sunstein, che ha collaborato durante l’amministrazione Obama, e a Richard thaler, che ha vinto nel 2017 Premio Nobel per l’economia. Loro hanno inventato questo approccio che è il risvolto applicativo di quanto studiato in economia comportamentale. Cosa significa? Significa lavorare sull’ambiente per promuovere comportamenti più razionali, più in linea rispetto ai nostri obiettivi e valori. Noi lavoriamo con dei piccoli nudge (piccoli pungoli o spinte gentili) sul nostro ambiente per orientare il comportamento delle persone verso delle scelte più virtuose. In che modo? Lo facciamo senza l’utilizzo di punizioni o di incentivi monetari. Il nudging infatti è stato definito come “paternalismo libertario”, termine che mette insieme due parole: “paternalismo” che si riferisce alla volontà deliberata di guidare il comportamento delle persone verso una certa direzione (quindi se è la persona sta guidando utilizzando lo smartphone, noi decidiamo come studiosi del comportamento che vogliamo sviluppare delle strategie che riducano questa probabilità) e “libertario”, nel senso che se la persona sceglie, nonostante i nostri interventi, di continuare nella sua attività noi non lo puniamo,così come non gli diamo un premio monetario se decide di seguire le nostre direttive. è un approccio diverso quindi rispetto ad altri interventi che pur sono necessari in molti contesti quali divieti, sanzioni o l’utilizzo di premi. ll nostro modo di agire può venire affiancato da interventi che possono essere anche di tipo sanzionatorio (nel caso dell’auto) ma vengono messi in atto su altri livelli. Noi ci occupiamo di questa modalità e di questo approccio etico, perchè agisce per il benessere della persona.

Possiamo fare qualche altro esempio di nudging nell’ambito della sostenibilità?

Provo a farti qualche esempio partendo proprio dall’effetto gregge, che  può essere utilizzato per favorire dei comportamenti sostenibili. Diverse ricerche hanno mostrato come questo effetto possa essere utilizzato, insieme ad altri strumenti, per ridurre i consumi di energia elettrica a livello domestico. Alcuni studi ad esempio hanno fatto vedere come, fornendo un feedback alle persone sul consumo di energia elettrica rispetto ai vicini, questi consumi venivano modificati. Io consumo tot: quando mi arriva la bolletta viene scritto sulla bolletta se ho consumato meno o di più rispetto ai miei vicini. Quando consumo meno dei vicini c’è uno smile verde sorridente, se consumo di più dei miei vicini c’è una faccina non proprio felice. In questo caso abbiamo dato un feedback visivo e abbiamo fatto un confronto tra il mio comportamento e quello di altre persone del del mio contesto sociale, persone a me vicine che probabilmente conosco. Coloro che avevano consumi più alti della media tendevano ad omogeneizzarli, abbassandoli! Ecco, interventi di questo tipo si sono dimostrati efficaci nella  riduzione delle fonti di energia elettrica. Anche in questo casi si è inserito un piccolo intervento sul contesto che orienta il comportamento delle persone in una certa direzione senza proibire scelte alternative. 

Nell’esempio dello smile viene associato il nudging alla comunicazione, confondendolo con la comunicazione etica. Cos’è che distingue il nudging dalla comunicazione etica o comunque da eventuali interventi formativi e informativi?

Possiamo dire che il nudging non è solo informazione o meglio è qualcosa di diverso. Si è visto in molte situazioni che la sola informazione non è sufficiente per modificare alcuni comportamenti: tutti sappiamo che ci sono certi comportamenti che sono dannosi (penso al mangiare troppo, al fumare, riprendo anche l’esempio di guida con lo Smartphone) ma nonostante questo non li mettiamo in atto (alcuni continuano a mangiare troppo, fumare e chattare al volante). Ci sono tantissime campagne in questo senso che cercano di dissuadere questo comportamento. Non sto assolutamente dicendo che non siano utili e anzi sono strumenti senz’altro complementari al nudging. Normalmente però il nudging agisce proprio su componenti ambientali per facilitare determinate scelte. Per esempio se io mangio troppo e mi trovo in un contesto in cui ho determinati cibi ad altezza occhio, potrò con un intervento di nudging spostare questi cibi in un punto meno visibile all’interno del buffet pur lasciandoli a disposizione, facilitando però la scelta verso piatti più salutari. è anche vero che alcuni interventi nudging sono da tipo comunicativo, ma questi casi la comunicazione è rimane comunque è strutturata in un modo un po’ particolare sulla base di alcuni studi. Se vogliamo utilizzare il nudging come strumento anche all’interno della comunicazione strutturiamo i messaggi in un certo modo: in economia comportamentale si parla per esempio di “effetto framing” e anche qui provo a fare un esempio. “Effetto framing” significa strutturare una stessa informazione in modalità differenti: il fatto è che le modalità differenti con cui è comunicata la stessa informazione possono produrre degli effetti differenti. Si è visto per esempio che se comunichiamo che c’è il 10% di probabilità di morte a seguito di un intervento chirurgico è diverso che dire che c’è il 90% di probabilità di successo dell’intervento chirurgico: nel primo caso meno persone saranno propense ad andare incontro all’ intervento chirurgico rispetto a quando metto in evidenza il tasso di sopravvivenza. La componente comunicativa quindi si può utilizzare ma non è solamente quello: il nudging molto più spesso tratta di interventi di riorganizzazione dell’ambiente. 

Mi ricollego quindi alla tua esperienza come coordinatore di Nudge Italia e co-fondatore di aBetterPlace. Di cosa si occupa il tuo gruppo di ricerca? Quali sono le iniziative in cui siete coinvolti e che avete sviluppato in tema di nudging?

Nudge Italia nasce all’interno di IESCUM e nel 2014, in considerazione dell’emergere del nudging e del fatto che da diversi anni già studiavamo come le scienze del comportamento potessero essere applicate in diversi contesti, abbiamo deciso di fondare una nostra “nudge unite”: un gruppo di ricerca proprio per verificare sul campo anche nel contesto italiano in che modo funzionassero questi interventi di nudging. Abbiamo sviluppato iniziative in diversi ambiti per favorire delle scelte sostenibili e a vantaggio di comportamenti virtuosi. Nel 2014 nasce Nudge Italia come laboratorio di Ricerca e Sviluppo, e abbiamo visto che il gruppo ha tratto molto interesse! Abbiamo avuto anche dei buoni riscontri in termini di efficacia rispetto a quello che abbiamo portato avanti e nel 2019 (quindi poco più di un anno fa) abbiamo deciso di svilupparsi ulteriormente, dando il vita ad una nuova divisione sempre all’interno di IESCUM che si chiama the aBetterPlace, con l’obiettivo di allargare il lavoro di Nudge Italia. Quest’ultima quindi rimane un laboratorio di ricerca e sviluppo, mentre aBetterPlace si muove su interventi più su larga scala, fornendo formazione e consulenza aziendale. Il fine è sempre quello di promuovere dei comportamenti sostenibili legati al benessere e virtuosi. Per quanto riguarda i nostri casi ti parlo per esempio del nostro esperimento fatto sulle doggy bag: qualche anno fa abbiamo cercato di capire come ridurre gli sprechi alimentari all’interno del ristorante. Siamo entrati in contatto con un’azienda che produceva doggy bag che erano sostenibili dal punto di vista ambientale e le abbiamo portate all’interno dei ristoranti in cui abbiamo sviluppato l’iniziativa. Ci siamo accorti intanto nello studiare il comportamento delle persone che molto spesso qui in Italia molte persone sono titubanti a richiedere gli avanzi perché in qualche modo pare socialmente poco approvata. Le persone si sentono a disagio nel farlo! Abbiamo quindi cercato di trovare gli strumenti in grado di semplificare la scelta per le persone e l’abbiamo fatto modificando quella che viene chiamata “opzione di default”. Quando parliamo di opzioni di default vuol dire che rendiamo automatica una certa scelta. Cosa abbiamo fatto? In pratica abbiamo posto di fronte ogni persona una moneta che da un lato era verde e dall’altro lato era rossa e l’abbiamo posta sul tavolo con il lato verde visibile e lato rosso di sotto. Con dei depliant informativi abbiamo spiegato ai clienti che, se al termine dei loro pasti volevano portare a casa le doggy bag, dovevano semplicemente lasciare la monetina sul tavoli su girata sul lato verde (cioè esattamente non fare assolutamente nulla, lasciarla così com’era); se non volevano portare a casa gli avanzi dovevano semplicemente gira la monetina sul rosso. Abbiamo visto che questo piccolo spunto ha raddoppiato la percentuale di persone che richiedevano gli avanzi nei ristoranti! Siamo passati da circa il 40% a circa l’80% e tra l’altro questa iniziativa è stata replicata anche in Svizzera con dei risultati analoghi. Un intervento più più recente è un po’ più grande ci ha visti collaborare con il gruppo base dell’università Bicocca in cui abbiamo ridisegnato fondamentalmente le mense universitarie. Abbiamo utilizzato diversi metodi: abbiamo fondamentalmente spostato i cibi che volevamo promuovere (il pane integrale, la frutta, verdura) e li abbiamo resi molto salienti tramite alzatine oppure stimoli visivi che le rendevano facilmente accessibili e visibili (come delle orme sul pavimento che conducevano all’angolo in cui era venduta la frutta e la verdura). Anche in questo caso abbiamo avuto dei risultati assolutamente positivi con un incremento dei nostri cibi target quali pane integrale, frutta e verdura. Sono interventi estremamente sostenibili e che richiedono delle risorse minime con dei risultati molto interessanti.

Nel primo esempio si è parlato di effetto default, secondo cui se noi troviamo una cosa già fatta tendiamo a mantenerla. Dico bene? Sì, si parla tecnicamente di “Status Quo bias”: è un po’ la nostra inerzia, quello che ci porta anche a procrastinare, a non cambiare, a stazionare in situazioni e comportamenti in cui ci troviamo già. Viene utilizzato in diversi contesti, ma nel nostro caso l’abbiamo utilizzato per un fine che per noi era era in linea con con qualcosa di etico e virtuoso. Chiaramente il principio può essere applicato in diversi modi… quello che contraddistingue proprio l’intervento di nudging è il fine con cui applichiamo le conoscenze che abbiamo! Ci tenevo anche a mettere in luce un’altra cosa: tutti questi interventi sono sviluppati su solide basi metodologiche e scientifiche. Quello che noi aggiungiamo è proprio la conoscenza scientifica. Ci sono spesso molti interventi “fai da te” che possono sembrare nudging e alle volte si rivelano efficaci ma non sempre, come appunto l’esempio ripreso nel blog sui frammenti di legno nel parco dove i volontari non avendo a monte alcune conoscenze hanno provocato dei risultati opposti a quelli auspicati. Quello che noi facciamo è proprio studiare molto bene, con tutti gli strumenti che abbiamo, il contesto e il comportamento delle persone per fare in modo che questo non accada. In tutti gli interventi che facciamo la probabilità che abbiano effetto positivo è alta proprio perché dietro c’è una una conoscenza molto solida.

Ringrazio di cuore Massimo per il suo tempo e per averci guidato nel mondo del nudging etico. Spero che questo argomento vi sia piaciuto e vi consiglio se volete approfondire il tema di scoprire il sito e la pagina di Nudge Italia. Come sempre vi ricordo di seguirci sui nostri canali e di farci delle domande sul nudging: in questa chiacchierata non abbiamo risolto totalmente l’argomento (i bias da scoprire sono ancora tanti, così come le implicazioni del nudging!). Potete fare le domande qui sotto sul blog o sul nostro gruppo di Facebook. La settimana prossima Massimo sarà con noi infatti per rispondere alle vostre domande in un botta e risposta.

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